Immagino che per i non addetti ai lavori tutti gli Psico-qualcosa sembrino uguali. Anzi, lo so per certo, perché diversi clienti che arrivano da me la prima volta non ne hanno la più pallida idea. Le persone hanno bisogno di trovare un senso al caos che gli vortica dentro e un aiuto da una figura che sembra sapere come trattare con la psiche è più che benvenuta. Non esiste una categoria professionale che è meglio o peggio dell'altra. Dipende da cosa pensate vi sia utile. Perciò cerchiamo di capire meglio come orientarsi. PSICOLOGO Lo psicologo, per essere definito tale, deve avere una laurea di cinque anni in psicologia, fare obbligatoriamente un anno di tirocinio, passare un Esame di Stato per l'abilitazione (e con le quattro prove d'esame da superare passa circa un altro anno di tempo) e, infine, iscriversi all'Ordine degli Psicologi nella regione in cui pratica la sua professione. Senza tutti questi passaggi è solo un dottore in psicologia non abilitato a svolgere la professione di Psicologo – ricordate che potete sempre controllare sul sito dell'Ordine Nazionale degli Psicologi se un professionista è abilitato, inserendo semplicemente nome e cognome. Lo psicologo è tenuto a rispettare per legge un Codice Deontologico e aggiornarsi continuamente in tutto ciò che riguarda la sua professione. Lo psicologo è una professione sanitaria a tutti gli effetti. Si occupa di promuovere la salute psicologica e prevenire il disagio, fa diagnosi, cura e riabilitazione attraverso test e strumenti psicologici. La credenza comune è che si occupi solo di malattie mentali, ma in realtà lo psicologo si occupa di aiutare persone, famiglie, coppie, gruppi, aziende o comunità a capire qual è il problema e favorire il benessere, anche quando non è presente alcuna diagnosi di malattia. Condivide con altre professioni sanitarie come medici, psichiatri, psicoterapeuti l'obiettivo del benessere mentale. Ma mentre i medici e gli psichiatri usano principalmente strumenti farmacologici e gli psicoterapeuti usano strumenti terapeutici, lo psicologo lo fa attraverso tecniche psicologiche. Lo psicologo non può somministrare farmaci né fare terapia. PSICOTERAPEUTA Lo psicoterapeuta è un laureato in psicologia o medicina, iscritto al rispettivo ordine professionale, che segue un ulteriore corso di specializzazione di quattro anni per imparare ad utilizzare le tecniche di psicoterapia. Ora, esistono diversi orientamenti terapeutici, umanistici, cognitivi, comportamentali, famigliari, ecc., e ognuno utilizza un insieme di tecniche diverse per aiutare la persona a migliorare la propria vita attraverso dei cambiamenti nel modo di approcciarsi alle cose che lo circondano (per capire come funziona il mio approccio, la Psicoterapia della Gestalt, potete leggere qui). Ma il comune denominatore è che lo psicoterapeuta è l'unica figura riconosciuta dallo Stato che può esercitare la psicoterapia. In genere, ma non vale per tutte le scuole, lo studente di una scuola di psicoterapia deve affrontare un percorso personale di terapia per lavorare su di sé e sui conflitti che si porta dietro, prima di poter lavorare con altre persone. E altri quattro anni di tirocinio durante la formazione, così che possa praticare la sua professione con tutta la preparazione necessaria. Neanche lo psicoterapeuta può prescrivere farmaci (a meno che non sia anche medico). PSICOANALISTA Lo psicoanalista (o psicanalista) è un tipo particolare di terapeuta. Potremmo dire che è un terapeuta che si è formato presso la scuola di psicoanalisi, cioè quella fondata da Sigmund Freud. Nel tempo, i suoi successori hanno fondato altre correnti di pensiero, facendo nascere altre scuole, come la junghiana, lacaniana, ecc. In ogni caso, per poter diventare psicoanalista e lavorare con i pazienti, il professionista deve fare diversi anni di psicoanalisi personale. Neanche lo psicoanalista, a meno che non sia anche medico, può prescrivere farmaci. PSICHIATRA Lo psichiatra è un medico, che si è poi specializzato in psichiatria. È orientato alla cura dei disturbi mentali attraverso la comprensione del malfunzionamento o sbilanciamento della chimica del cervello e del sistema nervoso. La principale modalità di cura è quella farmacologica, a meno che non abbia anche una specializzazione in psicoterapia ed integri entrambe le modalità di lavoro. Oppure può scegliere di lavorare in accordo con lo psicoterapeuta che segue il paziente, in modo che la cura sia coerente e strutturata sulle esigenze della persona che richiede il suo aiuto. COUNSELOR Il counselor è una professione riconosciuta dallo Stato, ma non regolamentata. Non esistono albi professionali o indicazioni precise sul percorso formativo da seguire. Dal 2020 è necessario avere una laurea triennale per accedere ai corsi di formazione. Da ciò che si legge online sulle varie definizioni di counselor, sembra che il suo lavoro si sovrapponga a quello dello psicologo. Però se è vero che lo psicologo può fare counselling psicologico, il counselor non può operare nel campo della psicologia. Il counselor non è una professione sanitaria, perciò non cura, non può prescrivere farmaci, né praticare la terapia, ma agisce in quei contesti in cui non è presente il disagio o il disturbo mentale. Il suo compito è quello di aiutare la persona a riflettere ed essere consapevole dei propri strumenti e della propria forza per risolvere i problemi. Per riassumere, vi lascio una tabella con le indicazioni principali di cui abbiamo parlato. Nel caso aveste bisogno di un professionista, spero che col mio aiuto siate in grado di scegliere quello più adatto alle vostre esigenze.
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Quando torni a casa dentro te stesso, cominci a vedere l’incredibile bellezza del mondo nel quale viviamo. – Angaangaq Le ispirazioni arrivano nei modi più strani. Spesso basta guardarsi allo specchio e scopriamo prospettive di cui non siamo consapevoli. La mia perplessità nasce dopo aver fatto due esperienze simili, a distanza di un giorno l'una dall'altra, la prima positiva, buona, intensa, soddisfacente; la seconda deludente, stressante e per nulla nutriente. I giorni successivi mi sono resa conto che la mia mente si fissava sull'evento negativo, rimuginava su ciò che era andato storto, e rinfocolava di continuo la tristezza e la rabbia che non aiutavano certo il mio umore. E l'esperienza positiva, buona e nutriente? Dov'era finita? Ecco che, settata la mente sui limiti e le carenze, mi sono persa qualcosa di bello capitato nella vita. Ora, al fine di sopravvivere la nostra mente è programmata per prevenire i pericoli, gli accidenti, le cose negative che potrebbero succedere. Ma se questo diventa un atteggiamento stabile nell'esistenza, la vita perde di valore: se non si impara a vedere la bellezza, ad assaporare la bontà, il risultato è che si perdono per strada i valori positivi che permettono di avere un'esistenza soddisfacente. Certo, è vero, la vita di tutti i giorni, con i suoi ritmi frenetici, i problemi concreti, il peso dei doveri e delle responsabilità, di certo non facilita il cambio di prospettiva. Ma il problema è un'altro. Come esseri umani, tendiamo ad abituarci a ciò che abbiamo, e visto che la soddisfazione di avere qualcosa di buono e piacevole non dura per sempre, dopo un po' torniamo a focalizzarci sulla mancanza. Ciò che non abbiamo, ciò di cui potremmo avere bisogno – nonché magari il lamentarsi su ciò che “vorrei ma non posso” - colora la vita di un grigiore stantio, triste e molto pericoloso. Il pericolo sta in ciò che non si vede. In ciò che ci circonda e diamo per scontato. Perchè così facendo rischiamo di perderlo, e solo in quel momento ci renderemo conto del suo valore. Il valore, questo sconosciuto. In questo mondo che ci vuole tutti uguali e stereotipati, che stravede per la quantità, quanto è bello riconoscere la diversità ed in essa la qualità. Il valore parla di qualità, di ciò che riempie l'anima. E se riconosciamo il valore di ciò che arriva nella vita, se riusciamo a vederne la bellezza, ecco che la realtà ha nuovi sensi e significati. Domanda: quante volte, durante la settimana (non ogni giorno, facciamola facile), vi prendete 5 minuti di tempo per essere consapevoli di ciò avete? Quante volte spostate con intenzione la mente dalla mancanza, verso l'abbondanza? Diamo per scontate tante cose: la vita, la salute, le persone che ci amano, avere un tetto sopra la testa, un piatto pieno di cibo, l'amico sempre pronto ad ascoltare quando siamo in crisi, l'abbraccio di tuo figlio, un bacio di tua madre, la possibilità di potersi comprare un libro o un vestito nuovo, il gatto che ti fa le fusa, godere del calore del sole, una tazza di the caldo che ti riconcilia col mondo, la gioia di fare un lavoro che da soddisfazione, un dono inaspettato, un sorriso che ti fa battere il cuore. Riconoscere che abbiamo ricevuto un dono di valore, che sa di buono per la vita, che è bello e arriva dall'esterno...ecco, questo si chiama essere grati. Tra la mancanza e l'abbondanza, c'è la gratitudine. Certo, si può restare ancorati a un modo di vivere dove tutto è dato per scontato, dove riceviamo ciò che abbiamo per abitudine. Oppure possiamo dare un po' meno voce all'ego, relazionarci con il mondo e imparare a dire: “Grazie!” Non è niente di complicato, all'apparenza, solo un cambio di prospettiva. Eppure richiede un allenamento costante e faticoso. Non è un semplice esercizio di pensiero positivo, dove si trasforma tutto in oro, dove ci si sforza di vedere il bello delle cose; significa imparare a dare valore alle cose, riconoscere ciò che ci fa bene, ciò che ci piace (e per contro, ciò che non è nutriente per noi, ma questo è un altro discorso), ciò che altri hanno fatto per noi. Già negli anni '80, i ricercatori hanno scoperto come la gratitudine sia un sentimento che migliora la vita delle persone, perchè diminuisce il senso di privazione e quello di isolamento, quindi è in grado di portare apertura, fiducia, valori e relazioni positive nell'esistenza. Ovvio, ognuno è libero di stare nella propria abitudine quotidiana di scontentezza, e se ci sta bene, niente da ridire. Questa prospettiva, che sembra così semplice da risultare quasi banale, ma che proprio per questo viene accantonata, è effettivamente solo un punto di vista, eppure... guardare la cose da altri punti di vista accende lampadine di creatività ad illuminare angoli bui che prima non vedevamo. Le prospettive sono solo sentieri da percorrere, ognuno poi sceglie liberamente la strada che vuole fare. |
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Mi chiamo Elisa Benvenuti e sono una psicologa e psicoterapeuta specializzata in psicoterapia della Gestalt. Archivi
Ottobre 2021
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