Dott.ssa Elisa Benvenuti, Psicologa e Psicoterapeuta
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La vita al tempo del coronavirus #2: il tempo sospeso

13/4/2020

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Abbiamo tutti perso i nostri ritmi, come se durante un ballo qualcuno avesse staccato la musica e fossimo rimasti fuori sincrono: qualcuno è stato costretto ad accelerare, altri a fermarsi, ma per tutti è cambiata l'esistenza.
Il primo pensiero è che una forza invisibile e micidiale ci stia rubando il tempo e lo spazio vitale. Ma a pensarci bene, tutto dipende da come decidiamo di reagire a ciò che ci sta accadendo. Il tempo, che implica dinamicità e cambiamento, in questi giorni scorre con una lentezza esasperante per chi è chiuso in casa. La vita sembra sospesa nell'attesa di poter continuare come prima. Guardando dalle finestre si nota la surreale assenza di traffico, persone, del frenetico movimento a cui eravamo abituati.
E l'abitudine è ciò che in genere ci frega più facilmente: siccome siamo abituati a fare in quel modo – che di sicuro in condizioni normali è un modo funzionale – se non possiamo continuare a farlo sperimentiamo rabbia o sofferenza; o peggio ancora quando ci intestardiamo per fare “come al solito”, magari mettendo in atto comportamenti a rischio per noi o gli altri. Ecco, facciamocene una ragione, non c'è più il “solito”, il solito è diventato qualcos'altro. C'è una situazione “qui e ora”, difficile in molti modi diversi e per tante persone differenti. Spesso la difficoltà è data dall'incapacità di adattarsi, di fare dei cambiamenti. Tutto questo genera frustrazione, tristezza, stress, ansia.
Possiamo aspettare che il tempo passi sentendo magari la frustrazione o la sofferenza per le limitazioni pesanti a cui siamo costretti, oppure possiamo trovare nuove modalità per fare le cose, costruire nuove abitudini, che ci alleggeriscano la vita, ci tengano al sicuro e, possibilmente, ci facciano stare bene. Anche quelle vecchie in qualche punto della nostra vita le abbiamo apprese perchè erano funzionali, piacevoli, utili....il problema è che ora alcune non lo sono più. Cambiare e adattarsi è ciò che ci può consentire di vivere meglio. E la vita va avanti, nonostante ciò che succede fuori dalle nostre case.
Il rischio è abituarsi a questa stasi, questa pausa dilatata che si trascina di giorno in giorno, aspettando semplicemente che tutto finisca e perdere del tempo prezioso, delle idee e degli stimoli nuovi, delle conversazioni o delle scoperte che non avremmo pensato di fare, ma anche delle routine che magari funzionano meglio di prima, dei pianti di cui abbiamo bisogno, delle pause che magari ci fanno bene al cuore, delle risate in mezzo a tutto questo dramma, delle discussioni su ciò che ci siamo tenuti dentro, delle canzoni, dei silenzi in cui ritrovarsi e delle parole che hanno bisogno di venire fuori, di cose buone per la nostra vita.
Ogni persona avrà una necessità diversa, ma ugualmente importante.
Siate voi a decidere il ritmo con cui vivere, qui e ora, nonostante tutto, anche tra quattro pareti, sfruttate questo tempo per far si che abbia un valore.
Mai come in questo momento sembra ci venga ricordato che il tempo è un bene prezioso, non infinito. Personalmente credo che sprecarlo sarebbe un torto a tutti coloro che si sono trovati improvvisamente a non averne abbastanza.

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La vita al tempo del coronavirus: dare un senso al quotidiano

24/3/2020

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Probabilmente ricorderemo queste settimane come le più surreali, confuse e tese dell'anno. La nostra vita piena di cose da fare si è ridotta all'attesa che un minuscolo e invisibile virus smetta di attentare al nostro sistema respiratorio. Tutto questo ha minato e cambiato in modo profondo le nostra abitudini, la nostra quotidianità.
Ora, se è vero che l'uomo è dotato di una straordinaria capacità di adattamento, è altrettanto vero che nel caso dell'isolamento causato dalla pandemia non è così facile gestire tutte quelle emozioni che, spesso, si muovono come sulle montagne russe dentro di noi.
Stare in casa non dovrebbe essere una cosa difficile da fare, eppure dopo più di due settimane dove tutti siamo chiusi tra quattro mura, le relazioni, le abitudini, il lavoro, i sentimenti e le emozioni sembrano essere sempre più difficili da tenere in equilibrio.
Il punto è che l'essere umano non è fatto per reggere a lungo situazioni di allerta e tensione. Per questo stare a seguire in maniera ossessiva le notizie sul Covid-19 non fa altro che aumentare il nostro livello di allerta e ansia: controllare una/due volte al giorno le notizie e possibilmente da fonti affidabili è più che sufficiente*, il resto del tempo possiamo occuparlo in altro.
Le ricerche scientifiche ** ci dicono chiaramente che le conseguenze dell'isolamento, per le persone meno resilienti, possono manifestarsi per lungo periodo anche dopo la fine della quarantena. Le emozioni giocano un ruolo fondamentale: paura, tristezza e rabbia spesso la fanno da padrone, nonostante siano fondamentali per la nostra sopravvivenza – la paura ci consente di evitare i pericoli, la rabbia di avere l'energia per reagire e difenderci – ma se mal gestite possono farci vivere nell'ansia quotidiana dove ogni evento diventa un rischio, oppure nella sofferenza per la distanza fisica dalle persone a cui teniamo, o nell'aggressività irrazionale di tenere tutti a distanza; ancora peggio è la perdita di senso in ciò che facciamo, quando la nostra possibilità d'azione nella vita di tutti giorni si riduce perchè impossibilitati a fare ciò che eravamo abituati a fare.
Quindi che fare? Come possiamo arrivare in fondo a questo periodo così difficile?
La libertà non sta nel fare sempre quello che vogliamo, ma dato lo spazio di movimento che abbiamo a disposizione, capire quali scelte possiamo fare per stare meglio.
  1. La prima cosa da fare è prendersi cura di se stessi, e per quanto possibile degli altri: creare delle abitudini che ci fanno stare bene all'interno delle limitazioni che abbiamo, aiuta ad avere il senso di controllo sulla nostra vita. Fare piccoli gesti, che in condizioni normali ci apparirebbero superfli o scontati, aiuta ad inserire qualcosa di bello e di buono che fa bene al nostro sentire: ritagliarsi un momento della giornata che sia dedicato alla nostra passione preferita, vestirsi tutti i giorni anche se non dobbiamo uscire anziché stare in pigiama, prendersi del tempo per la cura personale - fisica o intelletiva dipende dalle inclinazioni di ognuno, alzare il telefono e parlare con un'altro essere umano o fare compagnia a qualcuno che sappiamo essere solo, anche a distanza. Facciamo qualcosa che alla fine della giornata ci renda soddisfatti.
  2. Ed ecco il secondo punto: troviamo un senso nel mondo che ci circonda. Come esseri umani abbiamo bisogno di sentirci efficaci, avere il controllo, ma sopratutto abbiamo bisogno che ciò che facciamo abbia un senso. In questi giorni sembra che il senso della vita di ognuno di noi sia evitare gli altri per far abbassare i contagi, e a livello collettivo è un comportamento esemplare da seguire. Ma a livello personale forse abbiamo bisogno di trovare un senso più intimo: cosa voglio per me stesso? Cosa ha senso fare in questo momento? Non chiudiamoci in noi stessi più di quanto già non ci venga imposto. Iniziamo a progettare, creiamo nuove abitudini, coltiviamo relazioni, facciamo piani e iniziamo a cambiare (spero in meglio) la nostra esistenza. Non c'è bisogno di stravolgimenti epocali, ma piccole cose che magari abbiamo desiderato fare e non abbiamo avuto mai il tempo o il coraggio di fare: scriviamo, dipingiamo, coltiviamo fiori in vaso o impariamo nuove abilità, condividiamo con le persone che amiamo, doniamo o aiutiamo qualcuno. Facciamo in modo che la vostra vita, anche se momentaneamente così limitata, abbia un senso e uno scopo.
    Tra l'altro, quando siamo impegnati in attività che ci piacciono, ci rilassano, quando siamo in movimento (anche fare attività fisica in casa vale, sì), il nostro cervello ci viene in aiuto producendo ormoni che riducono gli effetti negativi dello stress.

  3. Infine, non nascondiamo sotto il tappeto quello che sentiamo. Impariamo a chiederci: “come sto ora?” e non lasciamoci spaventare dalla risposta. Innanzitutto, farci questa piccola domanda ci porta nel presente, nel “qui e ora” di ciò che sta accadendo, e non nel futuro che senza una sfera di cristallo non possiamo prevedere; e poi ci insegna che ci sono dei momenti in cui abbiamo paura, in cui siamo arabbiati, in cui ci sentiamo persi, tristi, confusi e chissà cos'altro. Lasciamo che queste emozioni passino dentro di noi, non neghiamole, ma non lasciamo neanche che ci invadano completamente: sono una parte di noi durante questa esperienza così difficile, solo una parte. Fermiamoci un attimo e chiediamoci: “cosa posso fare per stare meglio?” e scopriremo che ci sono tante cose che possono aiutarci: dal parlare con qualcuno, allo scrivere i nostri pensieri, all'esprimerci attraverso la creatività, a mettere in pratica comportamenti che ci facciano sentire meglio, o persino, per chi si sente particolarmente in difficoltà, rivolgersi a uno specialista con cui confrontarsi. Molti psicologi lavorano attraverso mezzi virtuali come skype o simili, altri si sono resi disponibili per servizi gratuiti nei centralini dei vari ordini, ci sono diverse realtà a cui potersi rivolgere***.
Immagino che in momenti così complicati e anche con eventi difficili da affrontare, non sempre si ha voglia di essere positivi, creativi, pronti ad apprendere o comunicare. Le prospettive per alcuni appaiono cupe e ci sono molti problemi da gestire. Eppure, imparare a vedere le cose da prospettive diverse, non negando ciò che c'è ma ampliando la visuale, è ciò che ci consente di mettere in campo risorse che ci consentiranno di gestire lo stress e arrivare in fondo a questa maratona: vedere la paura E anche il coraggio, è una risorsa; vedere un problema E immaginare possibilità, è una risorsa; vedere quattro pareti bianche E farne qualcosa di buono, è una risorsa. Sta a noi decidere su cosa focalizzarci, se vale la pena utilizzare le risorse, se farne qualcosa di buono.


*
VADEMECUM PSICOLOGICO CORONAVIRUS PER I CITTADINI
** Articolo Lancet: https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30460-8/fulltext
*** Psicologi contro la paura
Guida antistress per i cittadini in casa
Toscana

Linea telefonica Covid-19 dell'Ordine degli Psicologi della Toscana
Sostegno psicologico gratuito online per personale sanitario


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Tra mancanza e abbondanza

7/3/2018

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Quando torni a casa dentro te stesso, cominci a vedere l’incredibile bellezza del mondo nel quale viviamo. – Angaangaq

Le ispirazioni arrivano nei modi più strani. Spesso basta guardarsi allo specchio e scopriamo prospettive di cui non siamo consapevoli.
La mia perplessità nasce dopo aver fatto due esperienze simili, a distanza di un giorno l'una dall'altra, la prima positiva, buona, intensa, soddisfacente; la seconda deludente, stressante e per nulla nutriente. I giorni successivi mi sono resa conto che la mia mente si fissava sull'evento negativo, rimuginava su ciò che era andato storto, e rinfocolava di continuo la tristezza e la rabbia che non aiutavano certo il mio umore.
E l'esperienza positiva, buona e nutriente? Dov'era finita?
Ecco che, settata la mente sui limiti e le carenze, mi sono persa qualcosa di bello capitato nella vita.
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Ora, al fine di sopravvivere la nostra mente è programmata per prevenire i pericoli, gli accidenti, le cose negative che potrebbero succedere. Ma se questo diventa un atteggiamento stabile nell'esistenza, la vita perde di valore: se non si impara a vedere la bellezza, ad assaporare la bontà, il risultato è che si perdono per strada i valori positivi che permettono di avere un'esistenza soddisfacente.
Certo, è vero, la vita di tutti i giorni, con i suoi ritmi frenetici, i problemi concreti, il peso dei doveri e delle responsabilità, di certo non facilita il cambio di prospettiva.
Ma il problema è un'altro.
Come esseri umani, tendiamo ad abituarci a ciò che abbiamo, e visto che la soddisfazione di avere qualcosa di buono e piacevole non dura per sempre, dopo un po' torniamo a focalizzarci sulla mancanza. Ciò che non abbiamo, ciò di cui potremmo avere bisogno – nonché magari il lamentarsi su ciò che “vorrei ma non posso” - colora la vita di un grigiore stantio, triste e molto pericoloso.
Il pericolo sta in ciò che non si vede. In ciò che ci circonda e diamo per scontato. Perchè così facendo rischiamo di perderlo, e solo in quel momento ci renderemo conto del suo valore.
Il valore, questo sconosciuto.
In questo mondo che ci vuole tutti uguali e stereotipati, che stravede per la quantità, quanto è bello riconoscere la diversità ed in essa la qualità.
Il valore parla di qualità, di ciò che riempie l'anima.
E se riconosciamo il valore di ciò che arriva nella vita, se riusciamo a vederne la bellezza, ecco che la realtà ha nuovi sensi e significati.
Domanda: quante volte, durante la settimana (non ogni giorno, facciamola facile), vi prendete 5 minuti di tempo per essere consapevoli di ciò avete? Quante volte spostate con intenzione la mente dalla mancanza, verso l'abbondanza?

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Diamo per scontate tante cose: la vita, la salute, le persone che ci amano, avere un tetto sopra la testa, un piatto pieno di cibo, l'amico sempre pronto ad ascoltare quando siamo in crisi, l'abbraccio di tuo figlio, un bacio di tua madre, la possibilità di potersi comprare un libro o un vestito nuovo, il gatto che ti fa le fusa, godere del calore del sole, una tazza di the caldo che ti riconcilia col mondo, la gioia di fare un lavoro che da soddisfazione, un dono inaspettato, un sorriso che ti fa battere il cuore.
Riconoscere che abbiamo ricevuto un dono di valore, che sa di buono per la vita, che è bello e arriva dall'esterno...ecco, questo si chiama essere grati.
Tra la mancanza e l'abbondanza, c'è la gratitudine.
Certo, si può restare ancorati a un modo di vivere dove tutto è dato per scontato, dove riceviamo ciò che abbiamo per abitudine. Oppure possiamo dare un po' meno voce all'ego, relazionarci con il mondo e imparare a dire: “Grazie!”

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Non è niente di complicato, all'apparenza, solo un cambio di prospettiva. Eppure richiede un allenamento costante e faticoso. Non è un semplice esercizio di pensiero positivo, dove si trasforma tutto in oro, dove ci si sforza di vedere il bello delle cose; significa imparare a dare valore alle cose, riconoscere ciò che ci fa bene, ciò che ci piace (e per contro, ciò che non è nutriente per noi, ma questo è un altro discorso), ciò che altri hanno fatto per noi.
Già negli anni '80, i ricercatori hanno scoperto come la gratitudine sia un sentimento che migliora la vita delle persone, perchè diminuisce il senso di privazione e quello di isolamento, quindi è in grado di portare apertura, fiducia, valori e relazioni positive nell'esistenza.
Ovvio, ognuno è libero di stare nella propria abitudine quotidiana di scontentezza, e se ci sta bene, niente da ridire.
Questa prospettiva, che sembra così semplice da risultare quasi banale, ma che proprio per questo viene accantonata, è effettivamente solo un punto di vista, eppure... guardare la cose da altri punti di vista accende lampadine di creatività ad illuminare angoli bui che prima non vedevamo. Le prospettive sono solo sentieri da percorrere, ognuno poi sceglie liberamente la strada che vuole fare.

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Il Corpo che parla: dal piacere di vivere alla saggezza del sentire

12/2/2018

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Le emozioni sono veicoli, l'importante è dove portano.
Se ti trovi in una palude, forse dovevi scendere prima (Paolo Quattrini)


Il nostro corpo parla. Senza parole o concetti. Parla direttamente con l'anima e ha una saggezza interna senza eguali.
E in genere noi non l'ascoltiamo.
Siamo così abituati a non ascoltarlo che a volte dimentichiamo anche di averlo, questo insieme di ossa, tendini e muscoli che ci porta in giro. Eppure lo abitiamo 24 ore su 24.
Alcune persone curano in maniera quasi ossessiva la macchina, la casa, ma si scordano di prendersi cura del proprio corpo come se non gli appartenesse, come se non fosse fondamentale per la propria esistenza.
Non è una questione di comunicazione non verbale, di cosa trasmettiamo agli altri con una postura o un'espressione. Anzi, sto dicendo proprio il contrario: è ciò che riceviamo e non percepiamo perchè manca la consapevolezza del corpo.
Dal collo in già siamo spesso anestetizzati. Dalle emozioni – che spaventano quasi quanto il corpo – scappiamo e le nascondiamo quasi fossero una tortura che c'è capitata per eredità genetica, e quanto sarebbe comodo non dover sentire tutte 'ste cose che si muovono dentro....
Così smettiamo di vivere. Forse si sopravvive, ma in genere è spiacevole e poco funzionale.
E indovinate un po' cosa ci da la misura di ciò che è piacevole o spiacevole?
Il corpo.
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Membrana fatta di sensi e ingegneria fisiologica che separa il nostro mondo interno da quello esterno, termometro istantaneo del piacere, attraverso le emozioni ci consente di sopravvivere a ciò che ci capita intorno: se sento paura forse c'è un pericolo da cui devo allontanarmi, se sono arrabbiato forse non ho ottenuto qualcosa per me fondamentale, ecc.
Stare in contatto con se stessi permette di essere consapevole delle sensazioni del corpo, dei bisogni dell'organismo, di ciò che si prova emotivamente quando accade qualcosa. E se sappiamo cosa sentiamo, possiamo arrivare a capire cosa vogliamo.
L'alternativa è nascondere tutto sotto il tappeto e restare contratti emotivamente, come pentole a pressione, oppure usare dei comportamenti generici, buoni per tutte le stagioni, quelli che poi fanno dire con una smorfia: “Perchè mi comporto sempre così?”.
Ecco come nascono i lavori sul corpo.
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Dalla danza libera al camminare, dalla meditazione ai 5Ritmi, lo scopo è sempre lo stesso: entrare dentro lo stato d'animo, l'emozione, stare in contatto e lasciare che il corpo esprima ciò che sente. Non ha nulla a che vedere con una tecnica di ballo o con l'apparire.
Solo il sentire.
Sei tu che dialoghi con il tuo corpo.
Sei tu che ti permetti di ascoltarlo.
Ed è un dialogo intimo, delicato, che riguarda solo te e lui.
Ma se ti muovi dentro i tuoi stati d'animo, se respiri le tue emozioni e le lasci fluire in un gesto, ecco che accade qualcosa di meraviglioso: il tuo mondo cambia.
Il caos, la pesantezza, l'inerzia si trasformano in equilibrio. Perchè la vita è movimento e il sentire è prima di tutto un movimento cinesico del corpo.
Il risultato è diverso da persona a persona, ma l'esperienza di connessione che si sperimenta lascia un sapore di libertà che resta nell'animo a lungo, e il corpo ritrova quella saggezza organismica che fa fiorire la vita.

* Per i lavori sulla corporeità, potete consultare la pagina delle Attività
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La bellezza dei desideri: come abitare una bella esistenza

5/2/2018

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Quando i clienti arrivano da me, la prima cosa che noto è che nella loro vita hanno smesso di
avere una rotta, vagano nel migliore dei casi a vista, e si sono persi per qualche motivo. Hanno smesso di DESIDERARE qualcosa per se stessi.

Desiderare ha a che fare con la speranza che qualcosa si realizzi...ma se non ho più la speranza verso cui tendere, come mi muovo nell'esistenza?
Ora, tutti gli esseri viventi sono intenzionati – cioè tendono verso qualcosa per la sopravvivenza: ad esempio, una pianta tende verso la luce, o morirebbe. Maturana però ci dice che: “l'essere umano si distingue dagli esseri viventi perchè è desiderante”, cioè perchè è capace di prendere qualcosa, plasmarlo, dargli forma e farlo diventare un desiderio.
Ogni persona, se vuole, è in grado di farlo.
Esistono poi desideri piccoli e quelli “di una vita”; esistono desideri vicini e lontani, semplici e faticosi. Ma sopratutto i desideri hanno a che fare con la bellezza, con l'amore. E' come stare davanti a un quadro e sentirsi innamorati dei colori, delle forme: ci sono io, c'è la distanza che ci separa, e c'è l'oggetto del mio desiderio, verso cui posso tendere se scelgo di seguirlo.
Il problema della bellezza e dell'amore è che non sono dicibili, non sono oggettivamente descrivibili.
In vacanza al mare o in montagna?
E' più bella la Gioconda o la Guernica?
Quanto è bello un fiore da 1 a 10?
E un cielo stellato?
Non esiste una risposta “giusta” a queste domande perchè stiamo parlando di qualità. Mentre la quantità è facilmente oggettivabile, la qualità non lo è.
Sin da piccoli ci crescono con l'idea che tutto è quantificabile, misurabile, oggettivo. Tutto deve essere funzionale. La funzionalità, il numero delle cose che puoi fare, non ha niente a che fare con la qualità.
La differenza non la fa il numero in sé. La differenza sta nel valore che i desideri mi permettono di avere come persona.
Facciamo un esempio veramente banale: immaginate di avere una casa. E' una casa funzionale, con tutte le cose al posto giusto, che vi permette di cucinare, mangiare, lavarvi, dormire. Ma non c'è altro: nessuno ha pensato di appendere un quadro o mettere un fiore dentro a un vaso o sistemare dei cuscini per renderla comoda e accogliente. Che sia funzionale è fondamentale, ma se la casa fosse anche accogliente e con dei particolari che la rendono bella ai vostri occhi, non sarebbe bello tornarci ogni sera?
Perciò chiedetevi: come volete vivere?
Ecco, voi abitate la vostra esistenza come se fosse la vostra casa: pensateci, volete che sia solo funzionale – e non c'è niente di male, anzi – o volete che sia anche una bella esistenza?
I desideri servono proprio a questo. A dare valore all'esistenza.

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Ecco perchè credo che imparare a desiderare qualcosa di bello e buono per la propria esistenza sia fondamentale.
La vita, anche quella che sembra più immobile e immutabile, ha quasi sempre possibilità di scelte diverse, di cambiare rotta e mostrare nuove prospettive; spesso però restiamo arenati, è faticoso, difficile cambiare. Eppure la nostra esistenza ci appartiene e se non è di buona qualità, forse anziché odiarla o soffrire, potremmo provare a desiderare qualcosa di diverso per provare, se non proprio ad essere felici, almeno a soffrire un po' meno.
Ecco perchè dovremmo imparare ad “avere intere biblioteche di desideri” (Paolo Quattrini insegna), in modo che quando uno non è possibile realizzarlo, ne abbiamo altri che mantengono accesa la rotta verso cui navigare, continuare a far fiorire dei valori nella nostra vita e costruire un senso per l'esistenza. Così, quando decidiamo di scegliere per noi stessi, finalmente, avremo un bacino grande da cui scegliere, e se una strada si interrompe, ne avremo un'altra...ma non saranno mai strade scelte a caso, saranno quelle che illumineranno i nostri passi. Ma sopratutto saranno quei desideri che ci permetteranno, giorno dopo giorno, di avere qualcosa di bello nelle nostre vite.

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La bussola della Gestalt: il viaggio attraverso il sentire

29/1/2018

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La Gestalt poggia i piedi su un postulato fondamentale: la base dell'esistenza è il sentire. Non è una verità assoluta, ma è una prospettiva attraverso cui vedere la realtà; esistono altre prospettive, altrettanto valide senza dubbio, ma portano su altre strade.
La strada di un gestaltista passa attraverso il sentire. A volte è una strada impervia, a volte è in discesa, ma ha sempre un panorama interessante, perchè ascoltare le emozioni che proviamo è la bussola che rende il viaggio interessante. Questo perchè il sentire è la fonte del piacere della vita, è ciò che da un senso a quello che viviamo.
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In alcuni momenti, e a tutti sarà capitato, viaggiamo sulle strade della nostra vita ciechi e senza meta. Non troviamo un senso, non troviamo prospettive e viviamo a metà, insoddisfatti ed infelici. Ci muoviamo usando abitudini, automatismi, modi conosciuti e rassicuranti, ma che non danno alcun piacere. Si finisce così per perdere l'equilibrio in una realtà piena di regole che non si è scelti, che creano conflitti interni tra ciò che dobbiamo fare e ciò che desideriamo realmente.
Senza ascoltare cosa sentiamo nelle varie situazioni, è poco probabile che riusciamo a scegliere cosa vogliamo veramente nella vita. Certo, possiamo scegliere cosa dobbiamo fare o cosa sarebbe meglio fare, ma questo ci porterebbe ben lontano da un'esistenza soddisfacente.
Parlando per assurdo (e forse mica poi tanto), se non prestassimo attenzione a quale cibo fa esultare il nostro palato e quale lo disgusta, i nostri pasti potrebbero rivelarsi tremendi. O, più in grande, se non stessimo in contatto con l'effetto che ci fa una relazione, rischieremmo di restare incastrati in rapporti che non desideriamo. O in lavori che non vogliamo. O a fare cose, piccole o grandi, che non ci piacciono.
Per educazione, e spesso cultura, ci insegnano che il pensare è l'unica via con cui si può percorrere il mondo, ma non restando in contatto con il sentire, con l'effetto che ci fa ciò che ci accade intorno, ecco che rischiamo di scegliere strade non soddisfacenti per la nostra esistenza. Eppure le emozioni, così potenti, forti e delicate al tempo stesso, spaventano gli individui, ma quando imparano a ascoltarsi, a sentire sul serio le mille voci che cantano dentro al cuore, allora non potranno fare a meno che seguirle, aiutate dalla pragmaticità del pensiero.

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Riprendiamo l'esempio banale dei pasti: se sento piacere nel mangiare il tiramisù a colazione pranzo e cena, alla fine è probabile che starò male; se penso solo a ciò che mi fa star bene, forse mangerò foglie di insalata scondite per tutta la settimana...e starò male ugualmente. Il pensare da solo non da soddisfazione, il sentire da solo non ci fa arrivare dove vogliamo: il pensiero tira da una parte, il sentire dall'altra e l'unico modo per stare in equilibrio è muoversi.
Tutto nella vita è movimento, senza movimento non ci sarebbe vita. E se le emozioni portano movimento, la logica diventa strumento per ottenere ciò che si desidera: allora per realizzare se stessi, l'unico cambiamento possibile è essere consapevoli, desiderare la propria esistenza e scegliere ciò che si vuole cambiare per ottenerla.
Ma questa è un'altra storia e un altro post...

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    Mi chiamo Elisa Benvenuti e sono una psicologa e psicoterapeuta specializzata in psicoterapia della Gestalt.

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